Scacchi e diritto d’autore: una partita persa in partenza?
Chi è nato prima? Gli scacchi o il diritto d’autore? La risposta è semplice. Mentre la loro inter-relazione sembra un po’ meno chiara.
Paralleli tra scacchi e arte: ecco come un campione del mondo tedesco si è schierato a favore della protezione del copyright. Illustrazione: Franziska Raaflaub
I precursori degli scacchi si sono fatti strada dall’India all’Europa già nell’Alto Medioevo. Nel 10° secolo, a Bisanzio, i pezzi si muovevano su una scacchiera rotonda. Il «Versus de scachis», poema che dedica 98 versi al gioco degli scacchi, è stato scritto nell’abbazia di Einsiedeln tra il 900 e il 950 d.C. Lo zar Ivan «il Terribile» è morto nel 1584 durante una partita a scacchi. Era anche il passatempo di Napoleone, quando i suoi piani di conquista del mondo glielo permettevano, ovviamente. Nel 1942 è stata pubblicata la «Novella degli scacchi» di Stefan Zweig, mentre nel 1998 è uscito «Der Schachspieler» (Il giocatore di scacchi) di Friedrich Dürrenmatt e nel 2020, durante la pandemia, la serie «La regina degli scacchi» è diventata un antidoto contro la depressione da isolamento.
Gli scacchi influenzano la cultura e l’arte da secoli. Ma come stanno le cose in termini di protezione giuridica?
Spesso si legge o si sente dire che nessun gioco è così strettamente legato all’arte come gli scacchi. Parlando di protezione giuridica del gioco, questo legame con l’arte ci porta subito a prendere in considerazione il diritto d’autore che protegge le opere, ossia «le creazioni dell’ingegno letterarie o artistiche che presentano un carattere originale» (art. 2 cpv. 1 LDA). Ma cosa ci sarebbe esattamente da proteggere? Le partite di scacchi non appartengono al dominio pubblico?
L’impegno del campione mondiale per il diritto d’autore sulle partite di scacchi
A battersi tenacemente per ottenere il diritto d’autore sulle partite di scacchi è stato, tra gli altri, il campione mondiale tedesco Emanuel Lasker. Nella motivazione della sua istanza ha fatto riferimento al parallelismo tra il gioco degli scacchi e l’arte: «Ero disposto a dare al mondo degli scacchi la mia arte e il mio pensiero e a intrattenere il mondo degli scacchi e promuovere il gioco, ma esigevo che esso si assumesse e adempisse a una responsabilità [...]. Naturalmente, il mondo degli scacchi ritiene che il gioco degli scacchi non sia considerato una professione. Ma i milioni di appassionati, che rigiocano le partite dei maestri pubblicate divertendosi e imparando da esse, non dovrebbero sostenere questo punto di vista. Il mondo della musica potrebbe usare argomentazioni simili per privare i talentuosi musicisti professionisti del loro pane quotidiano, il che sarebbe ovviamente un’ingiustizia. Solo le persone che si dedicano anima e corpo a una causa riescono a realizzare grandi cose!». Lasker proveniva da una condizione di povertà e ha attraversato molti momenti difficili. Anche il suo predecessore, il primo campione mondiale di scacchi Wilhelm Steinitz, per tutta la sua vita non è mai riuscito a trarre profitto dalla sua attività ed è morto indigente.
Carattere originale? Differenze con la musica
Emanuel Lasker voleva creare e crearsi un’opportunità di guadagno attraverso il diritto d’autore sulle partite di scacchi. Tra l’altro, chiedeva che chi pubblicava le partite su riviste o libri pagasse un compenso ai giocatori, garantendo così che, durante la vecchiaia, i maestri «non morissero più soli negli ospizi». L’avvocato Walter Jung ha affrontato la questione nel 1931 nella sua dissertazione dal titolo «Esiste un diritto d’autore sul gioco degli scacchi?», giungendo alla conclusione che la partita di scacchi era priva del carattere originale, condizione necessaria per riconoscere il diritto d’autore. A differenza della musica, per esempio, dove sono disponibili diversi mezzi creativi, il giocatore di scacchi può esprimersi solo attraverso le sue mosse.
Inoltre, l’intenzione del giocatore di scacchi non è quella di creare una specifica sequenza di mosse, ma di vincere la partita. Di conseguenza, la descrizione dello svolgimento di una partita di scacchi, che contiene semplicemente l’indicazione delle mosse effettuate, deve essere accessibile a tutti, così come è consentito comunicare altri eventi puramente fattuali. Il parere legale della Federazione scacchistica tedesca (1994) giunge ugualmente alla conclusione che una partita di scacchi non appartiene né alla letteratura, né alla scienza, né all’arte e, attraverso diversi scenari controfattuali, illustra perché la protezione della proprietà intellettuale sarebbe difficile da attuare. Questi scenari portano a chiedersi se al giocatore perdente spetti eventualmente una parte di una potenziale opera intellettuale dato che sono i suoi errori a rendere possibile una combinazione «artistica».
Il dibattito sulla protezione delle mosse è ancora oggi attuale
Dai tempi di Emanuel Lasker, la situazione finanziaria è cambiata un po’, almeno ai vertici del mondo degli scacchi. Il patrimonio di Magnus Carlsen, 17 volte campione del mondo, è stimato tra i 10 e i 30 milioni di dollari statunitensi. Solo nel 2023 ha vinto un montepremi di oltre 700 000 dollari. Tuttavia, nel mondo giuridico il dibattito sulla protezione del diritto d’autore nelle partite di scacchi è tutt’altro che concluso.
Nel 2016, il tribunale del Southern District of New York ha trattato, tra l’altro, la questione se singole mosse di una partita di scacchi siano soggette alla protezione del diritto d’autore. Ha, tuttavia, negato tale possibilità paragonando le mosse ai punteggi e agli eventi di gioco nella pallacanestro, che in quanto fatti non sono tutelabili. Nel 2019, l’avvocato Daniel Hoppe ha affrontato la tematica in un articolo su una rivista criticando questo approccio e sottolineando che la comunicazione delle mosse non è equivalente alla comunicazione di un punteggio intermedio, ma costituisce piuttosto la trasmissione dell’evento stesso. Ha inoltre contraddetto il parere degli esperti della Federazione scacchistica tedesca affermando che il coinvolgimento di entrambe le parti nel gioco è legato in modo simile all’improvvisazione di più persone nel teatro o nella musica: «L’opera prende vita in cooperazione e opposizione mentre il gioco è in corso».
Il gioco degli scacchi come improvvisazione teatrale protetta? Che impatto avrebbe sui partecipanti e su chi trasmette le partite? Non si può pretendere che le parti coinvolte in un gioco di scacchi si sottopongano a un esame del diritto d’autore prima di iniziare una partita o di modificarne il corso. I media e i portali che trasmettono partite di scacchi dovrebbero riconoscere il momento in cui «il gioco entra nella fase di un’opera indipendente protetta dal diritto d’autore» e interrompere la trasmissione, oppure stipulare in anticipo contratti con le parti interessate per ottenere i relativi diritti di utilizzo. Tuttavia, negli anni 1960 e 1970 il tentativo di introdurre nei Paesi Bassi un modello collettivo di remunerazione non ha avuto successo.
Conclusione
La questione della protezione del diritto d’autore sulle partite di scacchi non può essere risolta in modo definitivo a causa della scarsità di fonti e di giurisprudenza. Tuttavia, illustra l’equilibrio di interessi su cui si fonda il diritto d’autore. In particolare, si deve tenere conto dell’interesse del giocatore di scacchi a generare un reddito dalla propria «creazione» e dell’interesse della collettività alla libera fruizione della partita, che diventa parte della cultura e forse anche dell’arte.
Sull’autrice: è una giurista presso l’IPI specializzata in diritto d’autore.