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«La protezione della proprietà intellettuale inizia dalla formulazione delle clausole contrattuali»

Antje Rey è presidente dell’Associazione dei consulenti in brevetti svizzeri ed europei (VESPA/ACBSE) e da oltre dieci anni offre alle aziende consulenze in materia di strategia brevettuale. In questa intervista spiega perché soprattutto le start-up dovrebbero proteggere adeguatamente la proprietà intellettuale (PI) e quale ruolo svolgono i consulenti in brevetti. In questo ambito, una volta fatto un errore è molto difficile, se non impossibile, correggere il tiro.

Antje Rey è una consulente in materia di brevetti svizzeri ed europei. Dal 2024 presiede l’Associazione dei consulenti in brevetti svizzeri ed europei (VESPA/ACBSE). Foto: IPI
 

IPI: Che ruolo ricoprono i consulenti in brevetti nel sistema svizzero dell’innovazione?

Un ruolo fondamentale: i consulenti in brevetti affiancano le aziende per tutto quello che riguarda la PI. Questo vale non solo per il tradizionale diritto dei marchi, dei brevetti o dei design, ma anche per la protezione mediante segreto commerciale o contratti con clienti e fornitori per impedire che preziose conoscenze finiscano nelle mani sbagliate. La protezione della PI inizia dalla formulazione delle clausole contrattuali e va fino al deposito di titoli di protezione, come marchi e brevetti. È un tema talmente vasto che le aziende sono in difficoltà quando devono affrontarlo. Grazie alle competenze specifiche che possiedono, i consulenti in brevetti possono aiutarle e consigliarle su tutti gli aspetti della PI , inclusi quelli strategici.

 

Cioè?

La strategia di PI deve essere adeguata al modello di business dell’azienda. I titoli di protezione registrati, come marchi e brevetti, hanno un costo e gli investimenti devono rendere. È quindi importante costituire un portafoglio PI e perseguire una strategia che faccia fruttare gli investimenti. I consulenti in brevetti possono consigliare e aiutare le aziende a sviluppare strategie adattate alle esigenze specifiche. Da oltre dieci anni offro consulenza ad aziende di vario tipo, dalle start-up alle grandi imprese, e non ho mai potuto applicare la stessa «ricetta» a due aziende diverse. Sono proprio gli aspetti strategici a rendere la mia professione così stimolante.

 

Come giudica l’approccio delle start-up svizzere in fatto di protezione?

Le start-up sono meglio informate rispetto a dieci anni fa. Questo è merito anche dell’IPI, che ha promosso un’ampia attività di informazione sull’argomento ed è presente agli eventi destinati alle start-up. Inoltre, molti programmi di sostegno includono una parte informativa sulla PI. Chi è innovativo crea valore aggiunto. Le innovazioni sono preziose e vanno protette.

 
 

Cosa succede quando una start-up si rivolge a lei?

La situazione è diversa da un’azienda all’altra. Alcune si rivolgono a noi sin dall’inizio, nella fase di creazione, e chiedono una consulenza per definire una strategia da seguire passo dopo passo. Altre lo fanno in un secondo tempo, a volte troppo tardi, cioè solo dopo che sono sorti problemi con titoli di protezione di terzi. Quando un’azienda è sufficientemente grande da entrare sul mercato come attore competitivo, ma anche prima, la concorrenza verifica molto attentamente se la nuova arrivata viola i suoi titoli di protezione. Ed è proprio a questo punto che ogni start-up capisce quanto sia importante avere una solida strategia di PI. 

 

Spesso ho sentito commenti del tipo: «Se ci fossimo resi conto dell’importanza della PI per il successo della nostra azienda, ci saremmo attivati prima». È quindi fondamentale rivolgersi per tempo a un consulente professionista: nella fase di deposito di titoli di protezione si possono commettere errori fatali e in seguito è molto difficile, se non impossibile, correggere il tiro.

 

C’è un errore tipico che le start-up commettono spesso?

Direi quello di rendere pubblica un’invenzione prima del deposito della domanda di brevetto. Ne consegue che la protezione brevettuale non è più possibile nella maggior parte dei Paesi. Una volta resa pubblica, l’invenzione viene considerata appartenente allo stato della tecnica e il suo carattere di novità risulta compromesso ai fini di un’eventuale successiva domanda di brevetto. La regola area quindi è: prima registrare l’invenzione, poi renderla pubblica (blog, sito ecc.).

 

Inoltre, se si attribuisce importanza alla protezione, è bene affidarsi a uno specialista per preparare il fascicolo di brevetto. Per questo ci siamo noi consulenti. I testi dei brevetti sono complessi e formulati in un linguaggio molto specifico. Ogni parola e ogni formulazione deve essere utilizzata a proposito. La scelta dei termini determina il grado di protezione dell’invenzione. Ecco perché i fondatori di start-up dovrebbero rivolgersi per tempo a uno specialista.

 

Come e quando una start-up dovrebbe affrontare il tema?

Il prima possibile. L’idea imprenditoriale andrebbe protetta ancor prima di fondare un’azienda. La questione della protezione del marchio si pone infatti già quando si tratta di decidere il nome dell’azienda. La domanda da farsi è: posso usare il nome che ho scelto oppure se lo uso violo i titoli di protezione di terzi? In tal caso, l’azienda potrebbe da un giorno all’altro essere costretta a smettere di utilizzarlo o a cambiarlo. Nella maggior parte dei casi costa di più risolvere i problemi causati da scelte improvvisate che cercare l’aiuto di professionisti fin dall’inizio. L’investimento vale la pena: spesso le start-up hanno lavorato duro per costruire il loro marchio e la loro tecnologia.

 
 

La protezione della proprietà intellettuale è un fattore di costo considerevole per le start-up

Registrare un marchio è più conveniente di quanto si possa pensare. Chi fonda un’azienda dovrebbe registrare anche un marchio. È una delle regole fondamentali. 
Nel caso di un brevetto, i costi sono significativamente più elevati. Ovviamente, l’investimento deve essere ammortizzato. È quindi importante disporre di un prodotto che abbia un mercato. La strategia di PI deve essere adeguata al modello di business. 


Tuttavia, quando si parla del costo dei titoli di protezione, bisogna anche tenere presente che la PI rappresenta una parte consistente del valore di un’azienda, anche se questo forse non emerge direttamente dai libri contabili. Vale quindi la pena investire in questo ambito. 

 

Antje Rey

Antje Rey è consulente in materia di brevetti svizzeri ed europei e ha conseguito la qualifica di European Patent Litigator. Dal 2024 presiede l’Associazione dei consulenti in brevetti svizzeri ed europei (VESPA/ACBSE). L’associazione propone regolarmente programmi di formazione continua per i suoi membri ed è attiva a livello politico, partecipando ad esempio alle consultazioni sulle modifiche legislative che riguardano la PI. 


Ingegnere meccanico di formazione, Antje Rey lavora da oltre dieci anni in uno studio legale di Zurigo specializzato in brevetti. È titolare di un dottorato in semiconduttori e tecnologia quantistica presso l’IBM Research di Rüschlikon. Dopo aver lavorato per anni nel settore della ricerca, cercava una nuova sfida professionale che le permettesse maggiori contatti con la clientela. La PI è un tema che ha suscitato il suo interesse fin all’inizio del suo percorso formativo. Racconta: «Io stessa ho già depositato un brevetto e durante gli studi al Politecnico di Zurigo ho seguito delle lezioni sulla PI. Mi sono così avvicinata al tema e mi è piaciuto subito».
 

 

 

A cosa serve un brevetto?

Il brevetto è un titolo che permette di vietare a terzi l’utilizzo dell’invenzione protetta a scopo commerciale. Spesso chi deposita una domanda di brevetto o un brevetto non ne percepisce direttamente i benefici. Per esempio, se un’azienda decide di non entrare sul mercato perché scopre che potrebbe violare un titolo di protezione di un’altra azienda, il titolare di quest’ultimo non ne viene necessariamente a conoscenza. 


Inoltre, dato che ai terzi non è consentito commercializzare liberamente un prodotto protetto da brevetto, si possono applicare prezzi di vendita più elevati. 


Spesso gli investitori sono più propensi a impegnarsi in start-up che dispongono di titoli di protezione. Se gli affari non vanno bene, l’azienda ha sempre la possibilità di venderli. Inoltre, i titoli di protezione possono anche servire a trovare finanziamenti. Lo constatiamo regolarmente nella pratica.

 

Che tipo di riflessioni deve fare una start-up prima di depositare un brevetto?

Direi prima di tutto riflessioni di tipo economico. Chiedere una protezione brevettuale internazionale se il prodotto viene fabbricato e venduto solo in Svizzera potrebbe non avere senso. Una start-up o una PMI deve capire in quali Paesi vuole commercializzare il prodotto e dove hanno sede i suoi concorrenti. Queste e altre considerazioni fanno parte della strategia di PI, che va di pari passo con la strategia aziendale.


C’è poi un altro aspetto: l’invenzione più difficile da sviluppare non è per forza la più meritevole di protezione. Il diritto di protezione dovrebbe focalizzarsi sull’invenzione che porta i maggiori benefici all’azienda. In certi casi, a generare fatturato sono invenzioni apparentemente semplici, per esempio i pezzi di ricambio. Oppure, per citare l’esempio del caffè, le entrate a lungo termine sono garantite dalla vendita delle cialde o delle capsule e non della macchina.

 

Le start-up sono in concorrenza con molte altre aziende. Come ottengono informazioni utili sul loro settore d’attività?

Una ricerca nelle banche dati pubbliche fatta per tempo è un passaggio obbligato per evitare conflitti. Chiunque, infatti, è tenuto per legge a garantire che non vengano violati i diritti di protezione di terzi. Come detto, questo vale già a partire dalla scelta del nome del marchio fino alla tecnologia sviluppata e commercializzata. Una start-up, quindi, deve sincerarsi che il suo prodotto non sia in conflitto con i diritti di protezione di altre aziende. In gergo questa ricerca si chiama FTO, Freedom to operate, ossia via libera a operare. 


Che si tratti di una ditta individuale o di un’azienda più grande, l’esperienza mostra che senza quest’analisi un’azienda può essere rapidamente messa in difficoltà dalla concorrenza, che monitora il mercato per cercare di sapere chi altro opera nel suo stesso settore e potrebbe sottrarle quote di mercato. Soprattutto quando si tratta di potenziali conflitti tra marchi, molte aziende non scherzano.

 

la professione di consulente in brevetti

I consulenti in brevetti lavorano in grande autonomia. Nella loro attività molto variata seguono l’evoluzione tecnologica e aiutano le aziende a proteggere le loro idee. Con alcuni clienti possono nascere relazioni di lavoro pluriennali, un aspetto che Antje Rey apprezza molto. Altri aspetti che la consulente valuta positivamente sono il contatto con i clienti, il lavoro di ricerca nelle banche dati e la redazione di fascicoli di brevetto. I consulenti in brevetti devono anche occuparsi delle procedure riguardanti i mandati, scrivere e leggere molto e seguire l’attualità e l’evoluzione del settore tecnico in cui sono specializzati ma anche della giurisprudenza. In Svizzera i consulenti in brevetti sono ben preparati. Antje Rey conferma: «la formazione in Svizzera è molto professionale e completa e prepara i futuri professionisti a fornire consulenza in tutti gli ambiti della PI».

 

Corso per diventare specialisti PI e consulenti in brevetti svizzeri

In collaborazione con le associazioni di categoria VESPA/ACBSE, VSP/ASCPI e VIPS/ACBIS, l’IPI propone un corso di formazione per specialisti PI e consulenti in brevetti svizzeri.


Inizio del prossimo corso: 5 settembre 2025 (termine di iscrizione per l’intera formazione: 1° agosto 2025).

 

Il corso serve a preparare l’esame federale per consulenti in brevetti che si tiene ogni anno in autunno e copre tutti gli argomenti rilevanti per la terza e la quarta parte. Il corso è aperto anche a coloro che sono interessati ad ampliare o aggiornare le proprie conoscenze in determinati ambiti.

 

Ulteriori informazioni (disponibili in tedesco e francese)

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